venerdì 20 maggio 2011

"CONCERTO PER LA VITA CHE ASCOLTA" : MUSICOTERAPIA PER LE MAMME IN ATTESA



Torna a Roma la settima edizione del “Concerto per la vita che ascolta”, l’omaggio speciale che il Moige - movimento genitori - offre a tutte le mamme in dolce attesa con l’intento di celebrare la bellezza della vita nascente e di promuovere, attraverso le note dei più prestigiosi autori di musica classica e in una suggestiva atmosfera di condivisione, l’importanza della musica in gravidanza. 
L'evento si svolgerà Domenica 22 maggio 2011 alle ore 18.00 presso l’Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia e sarà presentato da Monica Leofreddi. Sul palco l’Orchestra della Polizia di Stato diretta dal Maestro Maurizio Billi. 

Un'occasione da non perdere per tutte le mamme romane in dolce attesa dal momento che uno studio dell'Università di Leicester dimostra che i bambini ricordano la musica ascoltata in grembo fino ad un anno dopo la nascita!
 


   

   

 
Per maggiori info:

Info: Moige - Movimento Italiano Genitori
Tel.: 06 3236943- int.218
concertoperlavita@genitori.it
www.genitori.it

martedì 10 maggio 2011

Contatto e amore: di questo hanno bisogno i nostri figli!


In Italia nascono sempre meno bambini: questo dicono i dati. Sicuramente tra i tanti motivi che limitano le nascite c'è anche quello economico e questa è la realtà. Mettere al mondo un figlio oggi non è uno scherzo: prima di pensare alla cicogna bisogna far bene i conti. E' vero pure che se una persona desidera veramente avere un figlio non dovrebbe fare troppi calcoli. I bambini non hanno bisogno di tutto quello che ci propinano con forza, hanno bisogno di amore, di contatto...di punti fermi...tutto qui!
I bambini di oggi hanno tutto...forse troppo per essere più precisi! Fin da piccolissimi vestono all'ultima moda, hanno giochini super tecnologici, libricini per tutte le età, camerette super accessoriate. Ma  c'è davvero  bisogno di tutto questo? Quello che sappiamo offrire ai nostri figli oggi è solo il "contorno" o siamo capaci di amarli anche senza "comprarli"?
Guardo mia figlia (6 anni), la osservo attentamente. Non è mai contenta di quello che ha, si lamenta sempre e spesso ha lo sguardo triste. 
I nostri figli sono insoddisfatti di quello che hanno perchè probabilmente chiedono altro e noi non sappiamo vederlo...non siamo in grado di ascoltarli veramente. Chiedono amore, tempo, contatto e ricevono in cambio tutto fuorchè questo!
Leggo l'interessantissimo libro di Giorgia Cozza (" Bèbè a costo zero- Ed. Il Leone Verde, 2008) e rifletto su quanto di vero c'è nelle sue parole.
La giornalista nel suo libro si interroga su cosa è realmente necessario per accogliere il proprio piccino e per non fargli mancare nulla. Qual'è il meglio? -si chiede l'autrice- non esistono ricette universali o risposte valide per tutti! Degli accessori possono essere utili per alcuni, assolutamente inutili per altri. Dobbiamo conoscere i nostri piccoli per imparare a comprenderne ritmi ed esigenze. Imparare che ogni bambino è diverso, che ogni famiglia è diversa. I bimbi quando nascono hanno pochi bisogni ma essenziali: essere amati, accolti, protetti, rispettati.
I nostri figli ci chiedono proprio questo: tempo, ascolto, calore. Tempo di qualità da dedicare loro....non le scarpine col tacco di Hello Kitty o l'asciugamano dei gormiti. E noi che corriamo sempre come pazzi tra il lavoro, la spesa, le bollette da pagare, lo sport, le feste di compleanno non ce ne rendiamo conto.
Pensiamo a come renderli felici e nel frattempo perdiamo il momento, non ascoltiamo il loro richiamo.
Forse per questo motivo mi sono avvicinata al massaggio infantile....per ritrovare quel contatto, per accorciare le distanze e recuperare l'intimità con le mie figlie. Per dedicare loro uno spazio fatto di gesti , d'amore, di sguardi e respiri...di "tempo di qualità"!

giovedì 5 maggio 2011

Dieci ragioni per rispondere a un bambino che piange di Jan Hunt

Autore: Jan Hunt, M.Sc.
Titolo originale: "Ten Reasons to Respond to a Crying Child" 


  1. Il primo tentativo di comunicazione del bambino non può essere articolato, ma solamente non-verbale. Non può mettere in parole i pensieri felici, ma può sorridere; non può discorrere di rabbia o tristezza, ma può piangere. Se il suo sorriso riceve una risposta, ma il pianto viene ignorato, può percepire il preoccupante messaggio che egli è amato ed accudito solo quando è felice. I bambini che nel corso degli anni continuano a ricevere questo tipo di messaggio non possono sentirsi veramente amati ed accettati.

  2. Se il tentativo di un bambino di comunicare la sua tristezza o rabbia viene sistematicamente ignorato, può non imparare come esprimere questi sentimenti a parole. Il pianto deve ricevere una risposta appropriata e positiva, in modo che egli veda che tutti i suoi sentimenti sono ben accetti. Se i suoi sentimenti non vengono tollerati, e il pianto viene ignorato o punito, egli riceve il messaggio che la tristezza e la rabbia sono inaccettabili: a prescindere da come loro si esprimono. Per un bambino è impossibile immaginare che le espressioni di rabbia o di tristezza potrebbero essere accettate se espresse con le parole appropriate - una volta che egli sarà più grande e capace di usare quelle parole. Un bambino può solo comunicare nei modi che sono accessibili a lui in un dato momento; e può solo realizzare ciò che ha avuto l'occasione di imparare. Ogni bambino fa il suo meglio, proporzionalmente alla sua età, esperienza e circostanze del momento. Non è certo bello punire un bambino perché non sta facendo più di quello che può fare.

  3. Un bambino che ha ricevuto l'insegnamento che i suoi genitori gli daranno retta solo se "fa il bravo", potrà cominciare a nascondere il suo comportamento "cattivo" e i suoi "cattivi sentimenti" agli altri, e persino a se stesso. Può trasformarsi in un adulto che reprime le sue emozioni "brutte" e che è incapace di comunicare l'intera gamma dei sentimenti umani. Di fatto, ci sono molti adulti che trovano difficile esprimere la rabbia, la tristezza o qualsiasi altro "sentimento negativo" in modo appropriato.

  4. La rabbia che non può venire espressa nella prima infanzia non scompare semplicemente. Viene repressa e si accumula con il passare degli anni, finché il bambino non è più in grado di contenerla ed è abbastanza grande da aver superato la paura della punizione fisica. Quando alla fine il pentolone della rabbia si scoperchia, i genitori possono rimanere scioccati e perplessi: hanno dimenticato le centinaia o migliaia di momenti di frustrazione con i quali hanno riempito quel pentolone nel corso degli anni. Il principio psicologico che "la frustrazione porta all'aggressività" non è mai così chiaramente visibile come nella ribellione degli adolescenti. I genitori dovrebbero essere aiutati a capire quanto questo tipo di frustrazione può essere percepito dal bambino come "sentirsi invisibile" quando il pianto viene ignorato, o provare la sensazione di essere privo di aiuto e scoraggiato, quando il suo tentativo di esprimere sentimenti viene ignorato o punito.

  5. Nasciamo tutti sapendo che ciascun nostro sentimento è legittimo; poi gradualmente perdiamo questa consapevolezza se l'unica parte di noi che riceve una risposta è quella "buona". Questo è tragico, perché solo se sappiamo pienamente accettare noi stessi e il nostro prossimo, al di là di ciò che è giusto o sbagliato, noi possiamo avere autentiche relazioni d'amore. Se non siamo stati pienamente amati e accettati nell'infanzia, non potremo imparare come ci si sente, né come trasmettere questa accettazione agli altri, a prescindere da quanto ci ragioniamo, leggiamo o facciamo terapie: quanto sarebbero più facili le nostre vite se solo ricevessimo amore incondizionato nei nostri primi anni!

  6. I genitori che si chiedono se rispondere al pianto del bambino, dovrebbero chiedersi come reagiscono loro in situazioni analoghe. Un adulto può ritenere appropriato ignorare il pianto di un bambino, tuttavia si sente furioso se il suo partner ignora un tentativo di dialogare. Nella nostra società ci sono molti che sembrano pensare che un individuo debba avere una certa età, prima di acquisire il diritto di essere ascoltato. Ma quale sarebbe l'età giusta? I neonati e i bambini non sono un qualcosa che vale meno di una persona, solo perché sono piccoli e bisognosi di aiuto. In qualsiasi circostanza, più una persona è bisognosa di aiuto, più ha bisogno di avere la nostra compassione, attenzione ed assistenza.

  7. Se il bambino ha appreso da queste esperienze che le persone deboli meritano di essere ignorate, può a sua volta perdere nei confronti degli altri la compassione della quale tutti gli esseri umani nascono provvisti. Se da bambino è lasciato senza aiuto, e i suoi pianti sono rimasti inascoltati, comincia a pensare che questa sia la risposta appropriata verso quelli che sono più deboli di lui, e a credere alla "ragione della forza". Senza compassione, questa fase si calibra verso la futura violenza: chi si domanda come può un criminale non aver compassione delle sue vittime, dovrebbe chiedersi dove la sua compassione è andata smarrita. Non è una cosa che si perde da un giorno all'altro: viene sottratta, goccia a goccia, attraverso un'educazione punitiva o distaccata, fino a che non ce n'è più. La perdita della compassione è il dramma peggiore che può capitare ad un bambino.

  8. Quando un bambino impara dall'esempio dei suoi genitori che ignorare il pianto di un bambino è una cosa giusta, tratterà allo stesso modo i suoi figli, a meno di interventi dall'esterno. Il comportamento genitoriale inadeguato si trasmette da una generazione all'altra, fino a che per circostanze fortunate qualcosa non intervenga a cambiare questo schema. Quanto sarebbe più facile per un genitore aver imparato nell'infanzia come trattare i propri figli! Forse questa catena di inadeguatezza comincerà a interrompersi quando non succederà più che i presenti tirino dritto accanto a un bambino angosciato, senza porgli aiuto. Potrebbe essere la prima volta che un bambino ha ricevuto il messaggio che i suoi sentimenti sono legittimi ed importanti, e questo messaggio fondamentale potrà essere ricordato più tardi, quando lui, o lei, avrà a sua volta un bambino.

  9. Il pianto è un segnale che la natura ha creato perché disturbasse gli adulti, in modo da indurli a prendersi cura dei bisogni del bambino. Ignorare il pianto è come ignorare la sirena dell'allarme antincendio perché ci dà fastidio. Lo scopo del segnale è appunto darci fastidio, in modo che noi possiamo fare attenzione a qualcosa di importante. Solo un sordo non fa caso all'allarme antincendio, eppure molti genitori, di fronte al pianto di un bambino, diventano sordi. Il pianto, allo stesso modo di un segnale d'allarme, ha il significato di attirare la nostra attenzione in modo da occuparci delle importanti necessità del bambino; è semplicemente assurdo pensare che la natura abbia provvisto tutti i bambini di un segnale, emesso periodicamente, che non serva a nulla di buono.

  10. I genitori che rispondono solo ai "buoni" comportamenti del bambino possono ritenere di star educando il figlio a comportarsi "meglio"; eppure loro stessi collaborano più volentieri con chi li tratta con gentilezza. È come se i bambini venissero considerati un'altra specie, che opera sulla base di differenti principi comportamentali. Questo non ha senso, così come è impossibile identificare il momento in cui improvvisamente il bambino "cambia" e comincia ad operare secondo principi "adulti". La verità è più semplice: i bambini sono esseri umani che si comportano secondo le stesse modalità di tutti gli altri esseri umani. Come tutti noi, rispondono meglio alla gentilezza, pazienza e comprensione. I genitori che si stanno chiedendo se il "cattivo comportamento" del bambino finirà, dovrebbero fermarsi un attimo e domandarsi: "Mi sento più collaborativo quando qualcuno mi tratta bene o quando mi tratta nel modo in cui ho appena trattato mio figlio?"
trad. di Antonella Sagone
Copyright by Jan Hunt, M.Sc.
Traduzione a cura di Antonella Sagone

martedì 3 maggio 2011

L'importanza del contatto

 ATTRAVERSO LA PELLE SI IMPARA L'AMORE

Il contatto e la carezza sono bisogni primari dell’essere umano. «È attraverso la pelle» scrive Asley Montagu «che diventiamo esseri in grado di amare».
La prima esperienza di contatto è con la madre. I gesti affettivi che permettono al neonato di crescere sano e sicuro, amabile e forte sono i gesti più antichi dell’accudimento e del dare e ricevere affetto: cullare, abbracciare, accarezzare, baciare, stare vicini, guardarsi. La soddisfazione di questa esigenza è fondamentale per conquistare sicurezza e la convinzione di essere desiderati e stimati, condizione necessaria perché l’adulto sia poi in grado di sentirsi coinvolto e consolidato nella relazione con l’altro. È grazie al contatto con la madre che, normalmente, il bambino apprende nei primi giorni di vita che c’è sempre qualcuno disposto a prendersi cura di lui e a soddisfare i suoi bisogni. Il piacere del contatto corporeo gratifica e soddisfa sia il bimbo, sia la madre. Un buon contatto tra padre e figlio dona sicurezza e stabilità.

Quando il bambino non può sviluppare la «prevista» relazione personale con la madre si verificano in lui disturbi evolutivi che possono giungere sino alla sindrome d’abbandono. I bambini che hanno carenze di affetto materno, o da parte di chi si prende cura di loro, ritardano nella crescita e riportano danni irreversibili nell’aspetto motorio, affettivo, del linguaggio e dello sviluppo intellettuale.